La Chiesa Matrice di Santa Marina Vergine, ricostruita pochi anni dopo il terremoto del 1783, è una costruzione barocca con bella facciata adorna da paraste e cornici col fastigio terminante a cuspide. L’interno, a tre navate, custodisce numerose opere d’arte, tra le quali ricordiamo: la Cappella del SS Sacramento, opera di Francesco Jerace; il Coro ligneo, eseguito dai germani Giuseppe e Giovanni Silipo, famosi ebanisti polistenesi dell’ultimo ‘800; numerose statue lignee; diversi pregevoli dipinti ed un numero notevole di suppellettili ed arredi sacri.
Il soffitto della chiesa è a cassettoni ed è opera dei fratelli Mancuso, ebanisti polistenesi; al centro del soffitto è collocato un enorme dipinto ad olio su tela (dim. mt. 4×6) di C. Zimatore, raffigurante la “Risurrezione di Lazzaro“.
L’opera più importante è una Deposizione in marmo, inserita in un grande altare posto alla parete di fondo del transetto destro. Ad altorilievo ma con figure che tendono quasi al tutto tondo, la pala è opera di ignoto scultore messinese della prima metà del sec. XVI.
La scena, organizzata su due ampi registri in corrispondenza tra loro, la Vergine, sorretta dalle pie donne e la figura del Cristo quasi schiodato, si compone di 14 figure i cui movimenti plastici, di una forte tensione muscolare hanno evidenti stilemi michelangioleschi. Inoltre, la scena è molto ricca di significati e deriva da un modello iconografico ben noto nel ‘500 dove nulla era casuale. Interessante è ancora la simbologia qui presente che si deve far risalire ad una tradizione figurativa antica.
Il numero 7 delle figure in entrambi i registri, ricondurrebbe alla tradizione cabalistica che vede in questo numero (3+4) il numero perfetto, mistico, il simbolo dell’unione tra il dispari e il pari, il maschile e il femminile.
Allo stesso modo accanto alla croce appaiono gli antichi simboli del sole e della luna ad indicare la ciclicità del tempo naturale superato dall’eternità divina.