In tre giorni cinque danneggiamenti agli impianti irrigui in diversi terreni gestiti dalla Valle del Marro. L’allarme degli inquirenti. «Li vogliono mettere in ginocchio». Il Parroco e tutta la nostra comunità si schiera a fianco alla Cooperativa.
Di seguito due articoli di Antonio Maria Mira su AVVENIRE
Antimafia. Sabotaggi alla cooperativa Valle del Marro che coltiva terreni confiscati
Antonio Maria Mira lunedì 26 giugno 2017
Valle del Marro sotto tiro. Ormai è evidente. Dopo i due di venerdì scorso altri tre sabotaggi hanno colpito ieri la cooperativa sociale che coltiva terreni confiscati alla ’ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro. E sempre contro gli impianti di irrigazione. Una vera escalation, non era mai successo in così poco tempo. E gli inquirenti sono molto preoccupati. Il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari ha, infatti, convocato «d’urgenza» per oggi il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. «Ho già messo in azione tutta una serie di misure – ci spiega –, la vicenda va seguita con molta attenzione. Non possiamo trascurarla. Il danno che hanno provocato è col moltiplicatore, vogliono mettere in ginocchio la cooperativa». Ne sono convinti anche soci e lavoratori della cooperativa. «Le mafie vogliono togliere l’acqua alle piante e la vita al territorio. Dobbiamo subito correre ai ripari», commenta Domenico Fazzari, presidente della Valle del Marro, nata 12 anni fa dalla collaborazione tra la diocesi di Oppido-Palmi e Libera, e col sostegno del Progetto Policoro della Cei.
Sotto attacco sempre gli impianti irrigui, poprio in un periodo di grande siccità. Nel comune di Gioia Tauro, in località Sovereto, dove la cooperativa coltiva diversi terreni confiscati e anche sequestrati, sono state saccheggiate le casette nelle quali erano custodite le centraline di comando degli impianti irrigui. In un terreno confiscato di 6 ettari, hanno portato via il dissabbiatore e altri componenti. Sull’appezzamento la cooperativa ha realizzato nel 2014 un impianto di clementine dopo avervi trovato, all’atto dell’assegnazione, niente altro che terra nuda, infatti dell’originario impianto di kiwi, compresi i pali, non c’era più traccia. Piante giovani, dunque, e per questo più “fragili”, a rischio senza irrigazione. Ma i sabotaggi non si sono fermati qui. A poca distanza, su un terreno coltivato a kiwi – un bene sottoposto a confisca di secondo grado dove dal 2014 la cooperativa svolge servizi agricoli su incarico del Tribunale delle misure di prevenzione di Reggio Calabria – il furto ha riguardato il quadro elettrico e le quattro saracinesche, rendendo di fatto inutilizzabile l’impianto irriguo.
Nella stessa mattinata, un’altra amara scoperta sul luogo simbolo della cooperativa, il terreno in località Pontevecchio di Gioia Tauro, il primo ottenuto dalla Valle del Marro. Qui è stato rubato il motore del pozzo. «Questi furti mirati e ravvicinati nel tempo – sottolinea ancora Domenico, uno dei “ragazzi” cresciuti col parroco di Polistena, don Pino Demasi – lasciano immaginare il tentativo pianificato di compromettere il raccolto e scoraggiare l’impegno per il riutilizzo sociale dei beni confiscati». Azioni non a caso. «Le mafie non perdono occasione di colpire, quando percepiscono che nella società civile si abbassa la tensione su certe problematiche. Ho la convinzione che non cessino di cavalcare lo strisciante cinismo che oggi più che mai è presente nel mondo della comunicazione e che vorrebbe inaridire la spinta ideale necessaria alla lotta contro il fenomeno mafioso». «Siamo arrabbiati e amareggiati – aggiunge il vicepresidente Antonio Napoli – ma fiduciosi nell’azione di contrasto dello Stato e nell’indignazione della società civile che reagendo tempestivamente, può veramente porre fine al sistema mafioso».
Antimafia. Dopo i cinque sabotaggi più vigilanza alla Valle del Marro
Antonio Maria Mira mercoledì 28 giugno 2017
Intensificata la vigilanza ai terreni della Valle del Marro. Lo ha deciso ieri il Comitato provinciale per l’ordine a la sicurezza, convocato «con urgenza» dal prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari dopo i cinque sabotaggi che hanno colpito nei giorni scorsi la cooperativa che coltiva terreni confiscati alla ’ndrangheta. «Lo Stato non arretra, mettendo in campo le sue migliori energie», assicura il prefetto che sempre ieri si è recato a visitare i beni della Valle del Marro danneggiati. «Era importante – ci spiega – far sentire concretamente ai socie e lavoratori della cooperativa la vicinanza delle istituzioni e anche far vedere a tutti che siamo al loro fianco».
Oltre al prefetto anche il comandante provinciale dei Carabinieri colonnello Giancarlo Scafuri ha voluto parlare coi membri della cooperativa. «Abbiamo spiegato e ci ha ascoltato con grande attenzione – commenta il presidente della Valle del Marro Domenico Fazzari, che è stato invitato al Comitato assieme al parroco don Pino Demasi, ‘papà della cooperativa –. È fondamentale aver avuto vicine le istituzioni in questa circostanza. Ma in questi 13 anni il sostegno non è mai mancato ed è stata la nostra fortuna». E alla cooperativa è arrivata anche la forte «solidarietà » del vescovo di Oppido-Palmi, monsignor Francesco Milito che parla di «riprovazione totale dei motivi che in perfetto stile persecutorio e vessatorio hanno ispirato i vili attentati».
Ricordiamo che la Valle del Marro è nata nel 2004 dalla collaborazione tra la diocesi e Libera, e col sostegno del Progetto Policoro della Cei. «Il Vescovo e La Chiesa diocesana, tutta – scrive Milito – restano uniti e si fanno vicini ai membri della cooperativa, che intendono testimoniare la propria fede anche nel campo delle attività produttive, fonte di reddito e prova di un lavoro capace di sviluppare nella libertà e nell’onestà un valido contributo al bene comune». L’ennesimo attentato, conclude il vescovo, «è prova e conferma della vigilanza continua ed alta di cui ha bisogno questo territorio, per altro così ricco di positive potenzialità e di oneste prospettive di sviluppo e di crescita».
«Le misure le abbiamo prese tutte. Stiamo ‘sul pezzo’, siamo molto attenti e vogliamo che sia capito bene…», torna a spiegare il prefetto. Ribadendo «la vicinanza delle istituzioni alla cooperativa che con la propria attività, nel delicato settore della gestione e dell’utilizzo sociale di beni confiscati alla ’ndrangheta, costituisce una testimonianza di coraggio e coerenza soprattutto per i giovani di questo territorio».
Una situazione che non va sottovalutata come ci conferma Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata all’Università RomaTre, e uno dei maggiori esperti di ’ndrangheta. «È stata un’azione orchestrata. Sono ‘geniali’ questi ’ndranghetisti perché fanno delle attività con impatto sociale zero, quasi nessuno se ne accorge, ma efficaci sul piano economico. Non hanno messo una bomba che avrebbe attirato l’attenzione. Invece in questo modo non c’è nessun telegiornale che ne parla. Ma il danno è gravissimo». Però le istituzioni hanno risposto prontamente. Mentre i giovani della cooperativa sono come sempre al lavoro sui campi. Il loro slogan, da 13 anni è «Cambiare per restare, restare per cambiare».