La festa patronale e la gioia di ritrovarsi comunità
Una festa sempre attesa quella patronale che anche quest’anno ha visto un’ampia partecipazione di popolo, gioioso di riscoprirsi ancora una volta comunità, una sola famiglia.
Nello stesso tempo la festa patronale ha voluto essere un richiamo forte per la città, per la comunità civile e per quella religiosa, a convergere e collaborare insieme, nel rispetto delle diverse competenze, per il bene comune delle persone che vi abitano. Tutti – ha sottolineato il nostro Parroco in diversi interventi nei giorni della festa – dobbiamo sentirci responsabili dell’edificazione della nostra città, nel renderla più bella e vivibile, più accogliente e solidale. Una città a misura d’uomo, che lotta contro ogni discriminazione e ogni genere di povertà e di intolleranza».
Nutrito il programma religioso e quello civile, con momenti di profonda emozione. Da sottolineare in modo particolare la processione di Santa Marina e dei Santi venerati in città, che ha visto protagonisti, come portatori delle statue, oltre 400 giovani di ambo i sessi. Altro momento ricco di sentimenti e soprattutto dal forte valore di testimonianza, la celebrazione eucaristica durante la quale le coppie che quest’anno celebrano il 25º ed il 50º anno di matrimonio hanno ringraziato il Signore e rinnovato le loro promesse matrimoniali.
In allegato l’omelia – messaggio del nostro Parroco che racchiude il significato profondo della festa.
L’omelia di don Pino Demasi per la festa patronale di S. Marina
Sorelle e fratelli carissimi.
la festa patronale è sempre una festa di popolo. La festa di una comunità che si ritrova insieme nella gioia e nella preghiera perché avverte il bisogno di ritrovarsi e di sperimentare l’unità.
Sta qui l’importanza di celebrare la festa del santo patrono. Una importanza direi anche di carattere sociale oltre che di natura antropologica e spirituale: stare insieme, ritrovarsi come comunità, sentirsi una sola famiglia riunita dalla Parola di Dio, dalla celebrazione dei sacramenti, dall’esempio dei santi.
Saluto e ringrazio della presenza i confratelli Sacerdoti, i Diaconi, i religiosi e le religiose, tutte le autorità di ogni ordine e grado e tutti voi; un grazie sentito a coloro che anche quest’anno si son fatti carico di organizzare la processione e agli organizzatori dei festeggiamenti civili. Un plauso ed un grazie sentito da parte di tutta la comunità, ai portatori delle statue.
Il messaggio che viene da questa Festa è nello stesso tempo antico e nuovo, una proposta di vita che non passa mai di moda ed è sempre attuale. Con il passare dei secoli rimane sempre una forza attrattiva perché in ultima analisi è il messaggio del Vangelo, forza che illumina la nostra vita e risplende ancora di più nella vita dei santi divenendo un appello e un richiamo alla nostra libertà.
Viviamo questa festa patronale nella gioia, ma anche nella consapevolezza di un mondo in continua evoluzione. La festa è sempre la stessa, ma cambia il contesto. Le situazioni mutano di anno in anno.
In questi ultimi tempi, le problematiche sociali e gli avvenimenti della storia presentano una dimensione spesso tragica. Avvertiamo tutti un senso di smarrimento e di disagio. Questi avvenimenti che pongono interrogativi cruciali: dove stiamo andando? cosa succede nel nostro tempo? perché accadono fatti che sono del tutto inconcepibili, e che superano la stessa possibilità di previsione?
In questo contesto sentiamo che le parole della Sacra Scrittura sono parole vere e attuali che illuminano la nostra vita e ci chiedono di attraversare anche il momento di difficoltà che la nostra società sta vivendo ispirandoci ad esse. La Scrittura ci presenta parole di vita eterna. Le cose sono vere quando durano nel tempo, superano le mode perché non sono ispirate dall’emergenza e dalla circostanza, ma hanno un loro fondamento solido che affonda le sue radici nel tempo e porta i suoi frutti al di là del cambiamento delle stagioni.
I due grandi insegnamenti che troviamo testimoniati nella vita di Santa Marina e dei Santi che veneriamo sono: il primato di Dio e la fantasia della carità ossia in termini laici, del bene comune. Una società non può vivere senza un riferimento all’Assoluto, al mistero che avvolge la nostra vita e ci fa capire la sua profondità e la sua bellezza. Assistiamo oggi ad avvenimenti che sembrano dire esattamente il contrario e cioè il non senso della vita, la banalità del male. Accadono cose che non hanno nessuna giustificazione e nessuna spiegazione.
Non dimentichiamoci, però. La vita ha un senso se Dio non è escluso dalla nostra realtà quotidiana, dalla nostra vita personale, dalle nostre famiglie, dalla trasmissione dei valori. Non possiamo fare a meno di Dio.
Ciò che conta è mantenere forte il legame con l’Assoluto che dà senso ad ogni avvenimento e indica la rotta del nostro cammino e del nostro pellegrinare. Dio è tutto per noi.
Questo è il primo insegnamento di questa Festa. Il secondo lo abbiamo ascoltato nelle letture che ci sono state proposte. La carità è tutto. Nella carità si realizza ogni cosa. Amare Dio e amare i fratelli è la sintesi di tutta la Scrittura e di tutta la legge. La carità si esprime in tante forme semplici e quotidiane, direi quasi inavvertite: l’affidamento alla provvidenza, la docilità del cuore, l’attenzione all’altro. Nel Vangelo di Matteo,
Gesù racchiude tutto in una semplice frase. Sono cinque parole, come le dita di una mano: «Ciò che avete fatto ai fratelli lo avete fatto a me» (Mt 25,40). E’ questo il senso profondo della vita.
Il grande comandamento dell’amore sollecita il dovere di dare il primato a Dio e la consapevolezza a sentire la responsabilità verso i fratelli.
Allora è vano affrontare i problemi comuni come fossero un’impresa individuale; è inutile pensare di risolvere i problemi di una città ricorrendo al confronto muscolare; è ingannevole la ricerca di consenso con l’uso strumentale di fenomeni complessi come le tante povertà e/o i diritti dei cittadini; è velleitario pensare di amministrare un territorio senza una visione, senza un’idea condivisa di bene comune, senza l’ascolto attento e amorevole della gente; è controproducente in un territorio come il nostro intriso di illegalità, predicare la legalità senza poi praticarla; è illusorio, infine, ritenere che i tanti problemi che ci attanagliano e soprattutto l’educazione dei figli, il disagio degli adolescenti e dei giovanissimi con il ritorno, purtroppo dell’uso delle droghe e dell’alcool e di forme vuote di movida siano problemi privati e non una questione pubblica, collettiva, che riguarda il comune destino.
Grazie a Dio non tutto è negativo. Anche nel nostro territorio ed in questa città si intravedono innumerevoli “volti” di persone che oppongono alla banalità del male, la banalità del bene e del bene comune: quelli che si impegnano ogni giorno nelle istituzioni e nel volontariato; imprenditori che non si prestano a pagare il pizzo ; singoli e gruppi che insegnano e si impegnano per integrare figli e famiglie, anche di immigrati; giovani e meno giovani, che si curano dei più piccoli (l’Estate ragazzi è un patrimonio tra i più belli della città ed è merito esclusivo della nostra più bella gioventù); medici e operatori sanitari che nonostante infinite difficoltà si prendono veramente cura dei malati; persone che si fanno carico dei diversamente abili e delle diverse forme di dipendenza per aiutare la società a non implodere, gruppi di persone che hanno preso coscienza dei loro diritti e si organizzano per non permettere ad alcuno che siano trasformati in favori.
Dinanzi alla crisi permanente di oggi, sotto la spinta soprattutto dei due vettori del cambiamento che sono la sostenibilità e la digitalizzazione, ci ritroviamo come di fronte ad un bivio: decidere ancora una volta che non è l’individualismo ma la libertà e l’impegno per il bene comune – e con essi la democrazia e l’iniziativa personale, il pluralismo, la sussidiarietà, la solidarietà, la pace – la carta vincente per affrontare le nuove sfide della fase post-pandemica o scivolare impercettibilmente verso quell’esonero dalla responsabilità, che invoca misure forti dall’alto e dall’esterno, subendo il fascino di modelli che non amano la libertà. La scelta è tutt’altro che scontata e a costo zero: solo sovrainvestendo sulle persone e la qualità delle nostre relazioni personali e istituzionali possiamo pensare di farcela. Non in astratto, ma molto concretamente, con un massiccio e consapevole investimento nell’educazione. Non è affatto detto che ce la faremo, ma i risultati arriveranno se torneremo ad interrogarci su quel bene inestimabile che è la libertà. Dopo gli anni dell’io e della concorrenza, per sfuggire alla rabbia e all’aggressività crescenti viene il tempo del noi e della collaborazione. E per noi cristiani viene ancora una volta il tempo di essere disponibili a pagare veramente di persona per il bene di tutti
L’intercessione di Santa Marina e dei Santi che portiamo in processione ci aiuti ad essere forti nel riconoscere la presenza viva del Risorto e con coraggio essere testimoni nelle strade di questa città e di questo territorio.