Carissimi confratelli nel ministero e comunità tutte della nostra Chiesa particolare,
vi raggiungo con una parola di augurio. E’ il primo Natale che passo tra voi e questo mi aiuta a tornare spiritualmente al vero Natale di Gesù. E’ quello che ha cercato di vivere San Francesco di Assisi, quando, 800 anni fa, tornato dalla Terra Santa, a Greccio, colpito da delle grotte che gli ricordavano il paesaggio di Betlemme, ha voluto ripresentare il ‘mirabile segno’ del presepe. Un segno semplice ma da ammirare, per ridestare la fede in questo grande mistero; un modo tangibile per riaccendere l’amore verso il Cristo che si è fatto uomo come noi, per portarci a salvezza. Ancora oggi abbiamo bisogno di segni da parte di Dio che infondano coraggio e tengano viva la luce della speranza. Normalmente il Signore si serve di noi per dire la sua vicinanza e presenza; continua a volere bene a questa umanità attraverso il nostro amore concreto verso i fratelli e verso chi ha bisogno; abita le nostre comunità quando si vive l’accoglienza reciproca e la fraternità cristiana. Si chiedeva Martin Buber, un grande pensatore ebreo: “Dove abita Dio?” “Dove lo lasciamo entrare!”. Il Natale è il tempo opportuno per far entrare il Signore nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, nella nostra società. Lasciarlo fuori non ci fa bene. Il rischio è che prevalgano le tenebre della solitudine e della tristezza, ma anche la freddezza dell’egoismo e dell’indifferenza, la oscurità della cattiveria, del male, della vendetta, del peccato. Vieni, Signore Gesù. Maranthà! Vieni con la luce amorevole della tua presenza che vuole mettere la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), abitare la nostra terra perché si manifesti la tua gloria. Allora potremo ancora sognare un mondo nuovo dove “amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno (cfr. Sal 84, 10-11). Il Natale di Gesù, ricordato e rivissuto, mette di nuovo ali alla speranza. Tornare al presepe ci infonde fiducia: ciò che con Lui è iniziato, noi siamo chiamati a portarlo a compimento (cfr. Mt 5,17), cioè a portarlo avanti realizzandolo ogni giorno. Il Signore si chiama ‘Emmanuele, il Dio-con-noi”, non ci lascia soli in questa impresa. Lui è venuto per rimanere, “io sono con voi, tutti i giorni” (cfr. Mt 28,20). In un tempo complesso come quello che viviamo, anche nella nostra terra, fatto di sfide e di opportunità, di generosità e contraddizioni, di accoglienza e di violenza, di impegno e di omertà, di desideri di pace e di cultura di odio, sentiamo che la fedeltà di Dio fatta di presenza che non scappa e di vicinanza di chi non si stanca, ci incoraggia nei nostri passi. Il Signore ha assunto la nostra fragilità e parzialità per condividerla e rafforzarla da dentro, nell’anima di ognuno e nella storia dei popoli, nella vita della Chiesa e nelle esperienze di comunità. Facciamoci allora ‘presepe’ che lascia spazio a Dio perché ancora nasca e cresca tra noi: ‘abiti’ nei nostri pensieri e nei nostri progetti, sia ‘di casa’ nei nostri cuori e nelle nostre famiglie, si possa ‘incontrare’ nei nostri gruppi e nelle nostre comunità. Siamo noi il ‘presepio vivente’ da costruire ogni giorno e da non smantellare mai. Non riduciamo il Signore a un turista che viene e se ne va.
Auguri di un vero e Santo Natale ai presbiteri e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, alle comunità e a tutto il popolo santo di Dio, in specie a chi fa fatica nella fede e ha perso la speranza, a chi è ammalato e si trova in difficoltà.
Il Dio-con-noi vi benedica!
+ Giuseppe