Don Pino Demasi accusa la zona grigia, fatta di alleanze, omissioni e un silenzio complice. «E oggi c’è anche una società civile assente, mentre alcuni anni fa cercava di alzare la voce»
«Magistratura e forze dell’ordine stanno facendo il loro dovere alla grande, anche a costo di difficoltà e sacrifici, però non basta, perché purtroppo ci sono rappresentanti delle istituzioni che vanno a braccetto con la ’ndrangheta, ci sono silenzi che pesano come un macigno, c’è una società civile assente, mentre alcuni anni fa cercava di alzare la voce ». Così riflette don Pino Demasi, parroco di Polistena e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro. «Il cambiamento è possibile – aggiunge – ma rischia di rimanere chiuso in un cerchio. Si fa fatica perché è l’illegalità che va avanti non la legalità. Per questo bisogna aiutare la gente a entrare in una logica diversa da quella della scorciatoia deifavori della ’ndrangheta».
Ancora una volta emerge la penetrazione della ’ndrangheta nel tessuto economico.
Avere in mano l’economia, il porto di Gioia Tauro, significa continuare a fare favoritismi, non solo raggiungere l’obiettivo del potere economico ma quello del potere sugli altri. Se i mafiosi non hanno in mano l’economia non hanno il consenso. Bisogna reagire sfatando il mito che sono loro a dare il lavoro, operando per far prendere coscienza alle persone.
I fronti della lotta alla ’ndrangheta sono dunque lavoro e cultura?
E la tutela dei diritti. In un territorio come il nostro la gente incomincia ad essere stanca. Qui si muore di malasanità, di mancanza di lavoro, di droga, di alcolismo, proprio perché non c’è una vera tutela. Così la ’ndrangheta gioca facile trasformando i diritti in favori.
Quale ruolo può avere la parrocchia?
È fondamentale ma non basta educare le coscienze. Spesso nelle parrocchie trasmettiamo nozioni su Gesù ma non aiutiamo le persone a incontrarlo. Bisogna partire da qui, a fare capire alle persone che il cristianesimo è incontro con Cristo che ti cambia la vita. E poi aiutare i ragazzi a percepire il senso del bene comune.
In che modo?
Siamo partiti con un’indagine che abbiamo chiamato ‘wikilegalità’, che coinvolge tutti i ragazzi delle medie, per ridare significato alla parola legalità e per aiutarli a recuperare il senso dello stare in una comunità. Vogliamo che emerga la parola ‘collaborazione’ come paradigma culturale, metodo e strumento. Per riacquistare la fiducia dei giovaniper la cosa pubblica.
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