Gentilissimo Ingegnere Scura, sono un sacerdote della Piana di Gioia Tauro, Parroco a Polistena.Chiedo scusa se vengo ad “importunarla”. Ma mi sento in dovere di farlo, come cittadino, come credente e come Sacerdote, impegnato in questo territorio.
Ogni giorno sempre più mi vengono in mente il titolo e la trama di un film dei primi anni 70 “Non basta più pregare” e le parole del profeta “Per amore del mio popolo non tacerò”.
Ecco perché ho deciso di scriverle, con molta umiltà e con spirito di collaborazione. E vengo subito al dunque.
L’11 di febbraio, giorno nel quale la Chiesa fa memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes, da venticinque anni si celebra la Giornata mondiale dell’ammalato.
Una giornata che intende mettere al centro i fratelli sofferenti, la loro vita, il loro cammino, le loro angosce e le loro speranze.
Istituendo la Giornata mondiale del Malato, le intenzioni di Giovanni Paolo II andavano ben oltre la sola celebrazione liturgica. Egli colse l’occasione per favorire lo sviluppo di una pastorale verso i malati ed i sofferenti ordinaria ed efficace in tutte le comunità cristiane, e richiamare le istituzioni e la società civile al dovere del servizio ai malati e ai sofferenti .
Ad essere interpellati , allora, siamo tutti a livello individuale e a livello comunitario.
Ad essere interpellata è l’intera comunità cristiana, chiamata a pregare per gli infermi, a preoccuparsi per gli ammalati. Ricordiamo l’espressione della parabola evangelica del buon Samaritano: “e si prese cura di lui”. Parole bellissime perché corrispondono alla parola chiave della parabola: “si commosse profondamente”. La malattia, la sofferenza porta a commuoversi per il male altrui e a prendersi cura. In tal senso la Giornata odierna intende fare memoria,a tutte le comunità soprattutto parrocchiali, che devono prendersi cura dei loro malati. E vorrei auspicare che tutte le nostre parrocchie fossero davvero esemplari nel dedicarsi agli ammalati, soprattutto a quelli soli e che non sanno come aiutarsi non avendo nessuno vicino.
Ma oltre la comunità cristiana e prima di essa ad essere interpellate sono le Istituzioni dello Stato, ad ogni livello, centrale e periferico. Anche perché il diritto alla salute è uno dei diritti fondamentali del cittadino, sancito dalla Costituzione del nostro Paese e le Istituzioni hanno il dovere di tutelarlo, anche in questa Regione ed in questo territorio della Piana, dove non poche strutture ospedaliere sono fatiscenti e da quarto mondo e dove la sanità sembra essere la prima ammalata cronica.
Il problema vero non può essere quello di far quadrare il bilancio di una azienda sanitaria, se non addirittura di chiudere in attivo; il problema vero è garantire a tutti il diritto alla salute.
Lei ingegnere in questo momento ha il dovere morale di garantire ai cittadini di questo territorio un diritto sacrosanto.
Lo Stato le ha affidato il compito di far diventare concretezza di vita in questo territorio l’articolo 32 della nostra Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Mi rendo conto della situazione che ha ereditato e che certamente non è addebitabile a lei , ma piuttosto a predatori incoscienti e spesso di casa nostra e a chi non ha svolto il proprio dovere di vigilanza.
Ma dopo tanti anni non si può continuare nella strada intrapresa di arrovellarsi intorno a calcoli di tipo ragionieristico e di bilancio. Il diritto alla salute non può essere disatteso in ossequio, me lo permetta, ad una pur giusta, ma spesso strumentale “lotta agli sprechi”, tesa unicamente al continuo smantellamento di presidi sanitari essenziali e di posti letto necessari e previsti per il territorio.
So che tante volte è venuto nella Piana “in visita ufficiale”. Non mi giudichi male. Venga un giorno da semplice cittadino, in incognito. Si fermi, per esempio, nell’androne del Pronto Soccorso di Polistena o salga a fianco all’autista su di un’autoambulanza. Si renderà certamente conto allora di come il diritto alla salute in questo territorio sia semplicemente una chimera, nonostante i sacrifici eroici e la professionalità della stragrande maggioranza degli operatori sanitari. Sarò lieto di starle a fianco in questa sua “visita privata” e se me lo permetterà, le farò anche incontrare alcune famiglie ridotte alla povertà economica in seguito ai cosiddetti “viaggi della speranza” di un loro familiare gravemente ammalato.
Dopo questa visita non so se ritornerà nel suo ufficio o se andrà immediatamente a Roma a dare le dimissioni, perché son convinto che anche lei ha un cuore di carne e che anche lei, più di me, è certo che la lotta alle mafie passa necessariamente per la strada della tutela dei diritti.
Don Pino Demasi
Parroco a Polistena